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125 donazioni e non sentirle

125 donazioni e non sentirle

Come una chiacchierata davanti ad una birra tra amici al bar: così è stata l'intervista a Fausto Campana (il donatore ancora attivo con più donazioni effettuate, ben 125) ed ai suoi figli, Sara ed Enrico. 

All'inizio della chiacchierata Fausto ci ha portati indietro di 50 anni, al 1968, anno della sua prima donazione all'età di 18 anni, "ispirato" (verbo utilizzato proprio dal signor Fausto) da Don Cavalli e dal maestro Bercini. "Don Felice ce lo diceva tutti i giorni a noi ragazzi di donare il sangue quando ci trovavamo all'oratorio per giocare a pallone" racconta con gioia il signor Fausto, ripercorrendo quegli anni in cui è scoccata la scintilla tra lui e l'Avis.

"Quando ho iniziato, le donazioni avvenivano braccio a braccio all'ospedale e non dimenticherò mai quando sono stato chiamato per donare il sangue ad una bambina di Montecchio vittima di un incidente stradale. Grazie a noi donatori si è salvata". Appena il padre termina il racconto, Sara interviene dando il merito a suo padre per il fatto di esser diventata essa stessa donatrice: "Avevo mio padre come esempio e poi ho sempre voluto farlo perché l'ho sempre ritenuto un gesto importante. La prima volta ero agitatissima, perché non avevo idea di come funzionasse e di come avrei reagito ma i volontari ed i medici mi hanno spiegato, tranquillizzandomi, ed è andato tutto bene".

125 donazioni e non sentirleI nostri occhi poi si sono spostati sul terzo donatore della famiglia, Enrico, il quale ammette che è sempre stato ostico il confronto con gli aghi, ma che l'esempio del padre e le "insistenze" (buone) dei "vecchi" dell'Avis (Augusto, Umberto, Nunzio ed Enzo) gli hanno fatto fare il "giusto passo", come la sorella poi racconta che alla prima donazione era titubante: "L'unico pensiero che avevo era d'avere un calo di pressione e dar giù."

Ascoltando i racconti delle prime donazioni, incuriosito, chiedo se negli anni sono cambiate le emozioni o le motivazioni che li hanno spinti a donare; il primo a rispondermi è stato Enrico, mentre il signor Fausto era impegnato a fare il nonno. "La motivazione che mi ha spinto è la stessa che mi accompagna ogni volta che mi arriva la cartolina (ora sms) per la donazione: il pensiero che ci sono persone che stanno male e che hanno bisogno di sangue per tornare dai loro cari". Gli fa eco poi la sorella Sara: "Il motivo per cui ho iniziato è che so che ci sono persone che stanno male e che donando nel piccolo ho fatto qualcosa per aiutare qualcuno e dopo la donazione mi sento bene e soddisfatta"


Mentre chiacchieriamo il piccolo Federico a turno passa dalle ginocchia del papà, a quelle della zia e in ultimo a quelle del nonno portando come compagno di giochi un coccodrillo; da ciò la domanda sorge spontanea: Cosa diresti ai giovani, e non, per avvicinarli all'Avis?

Il primo consiglio giunge da Sara: "Ho sempre consigliato a tutti di donare, è un gesto bellissimo che non toglie nulla a chi lo fa ma regala tanto a chi lo riceve". Con ancora in mano il coccodrillo, lascito del nipote, il signor Fausto aggiunge: "È un gesto importante verso gli altri ma non dimentichiamo che attraverso la donazione ognuno di noi tiene controllata la propria salute". La risposta di Enrico si pone da un punto di vista diverso: "Ai giorni nostri tutti conoscono i motivi per cui è importante donare il sangue grazie alla TV e ai social; pur troppo sono I valori dei giovani che sono diversi". Guardando il figlio giocare, aggiunge: "Però sarò io il primo a dire a mio figlio di donare, come mio papà ha fatto con me."

Ed è proprio questa la forza dell'Avis che l'importanza ed il valore del dono sono tramandate di padre in figlio, o meglio, dai genitori ai figli. Sono tantissime le realtà come la famiglia Campana. Tante famiglie di Sorbolo hanno dato e stanno dando vita alla famiglia dell'Avis Sorbolo.  

La chiacchierata viene interrotta dal classicissimo suono di un messaggio whatsapp, Ops ormai è ora di cena!! Prima di togliere il disturbo chiedo al signor Fausto di togliermi una curiosità:

"Come ha vissuto il traguardo delle 100 e poi 125 donazioni?" Sorridendo risponde: "Sinceramente mi ha fatto molto piacere ricevere l'invito per la premiazione per le 100 donazioni ma non ho mai vissuto le donazioni come una gara o una corsa per la medaglia. Dono per fare del bene e perché mi fa stare bene.

CI VUOLE PASSIONE PER DONARE IL SANGUE".

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